Pnrr: un fallimento per le aree interne e il mezzogiorno


 Coordinamento Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani denuncia con forza il fallimento del Pnrr per le aree interne appenniniche, la corona alpina e, in modo particolare, per il Mezzogiorno d’Italia. Un’occasione storica sprecata, che avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità di riequilibrio territoriale e di sviluppo, ma che si è rivelata l’ennesima promessa tradita.

I numeri del fallimento

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Secondo il Report di Camera e Senato, al 31 dicembre 2024 risultano spesi 62 miliardi di euro, pari al 32% delle risorse complessive. Tuttavia, l’analisi delle spese rivela una distribuzione delle risorse squilibrata e miope, con fondi destinati prevalentemente a misure che poco o nulla hanno a che fare con il rilancio delle aree marginalizzate:

14 miliardi per il rafforzamento dell’Ecobonus.

8,8 miliardi per il Credito d’imposta per i beni strumentali 4.0.

3 miliardi per la linea di Alta Velocità Brescia-Verona-Vicenza-Padova.

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Nel frattempo, le vere necessità delle aree interne e del Sud rimangono irrisolte.

“Siamo di fronte a un Pnrr che ha subito ben sei modifiche in pochi anni, a dimostrazione della totale assenza di una visione strategica e di una governance capace”, dichiara Virgilio Caivano, portavoce del Coordinamento.

Il disatro idrico: la vera questione meridionale ignorata

La Missione 2 del PNRR (Rivoluzione verde e transizione ecologica), che teoricamente dovrebbe affrontare il problema delle risorse idriche e della sostenibilità ambientale, è quella con le maggiori risorse ancora da spendere: 36 miliardi di euro.

Uno degli interventi chiave del piano, il M2C4-31 Investimento 4.2, avrebbe dovuto ridurre le perdite delle reti idriche di distribuzione, prevedendo la costruzione di almeno 14.000 km di nuove reti idriche. Ma il dato reale è sconvolgente: in Italia ci sono almeno 44.000 km di rete colabrodo, la maggior parte nel Sud, dove le perdite idriche raggiungono percentuali insostenibili. Un intervento insufficiente, che lascia milioni di cittadini e imprese agricole senza soluzioni concrete.

Per quanto riguarda gli investimenti nel settore irriguo per l’agricoltura, il PNRR si limita a fissare obiettivi minimi che non risolvono alla radice il problema:

Portare almeno al 26% la percentuale di fonti di prelievo dotate di contatori.

Far beneficiare almeno il 12% della superficie irrigua di un uso efficiente delle risorse.

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“Questi numeri sono un insulto all’agricoltura delle aree interne e del Mezzogiorno”, continua Caivano. “Siamo di fronte a misure parziali e inconsistenti, che non affrontano realmente l’emergenza idrica e agricola.”

UN debito che pagheranno le future generazioni

Oltre al danno, la beffa: il Pnrr è un debito che graverà sulle future generazioni senza aver prodotto benefici reali per i territori che ne avevano più bisogno. “Sarebbe interessante discutere questo report nelle aziende agricole, nelle scuole, negli ospedali e negli ambulatori medici. Sarebbe giusto che i giovani, condannati a pagare un debito che non hanno chiesto, sapessero come sono stati usati i fondi del Pnrr.”

Il coordinamento chiede un cambio di rotta immediato

Il Coordinamento Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani chiede con urgenza:

Un piano straordinario per le aree interne, con investimenti mirati alla sanità, all’istruzione, alle infrastrutture e alla gestione delle risorse idriche.

Una governance realmente efficace, che coinvolga direttamente le comunità locali e non solo i grandi centri urbani.

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La creazione della “Cassa dell’Appennino”, sul modello della Cassa per il Mezzogiorno, per gestire i fondi destinati allo sviluppo delle aree interne.

“Non possiamo più permettere che i fondi pubblici vengano gestiti con questa superficialità. Le aree interne e il Mezzogiorno non possono essere ancora una volta dimenticati”, conclude Caivano.

Il Coordinamento continuerà la sua battaglia affinché il futuro delle nostre comunità non sia sacrificato sull’altare dell’inefficienza e dell’incapacità politica.



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