crescita in atto, ma il gap di genere rallenta il cambiamento


Imprenditoria femminile, la strada è ancora tutta in salita. Se da un lato aumentano le imprenditrici che accolgono la sfida di guidare un’azienda, dall’altro resta ancora alto il gap salariale con i colleghi uomini. In Italia, a fine 2024, le imprese femminili sono 1.307.116 e rappresentano il 22,2% del tessuto imprenditoriale nazionale. Un dato significativo, che conferma il ruolo crescente delle donne nel mondo dell’impresa, ma che al tempo stesso mette in luce una realtà ancora caratterizzata da forti disparità di genere. Questi numeri sono stati presentati sabato a Lecce nel corso della seconda edizione della festa della Donna che fa impresa, intitolata “Le imprese femminili in Italia – analisi e prospettive”.

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L’analisi

Più dettagliata del fenomeno evidenzia come la Puglia si distingua per un tasso di femminilizzazione superiore alla media nazionale, confermando il contributo attivo delle donne nel tessuto imprenditoriale regionale. A Brindisi e Lecce, in particolare, il 22% delle imprese è guidato da donne, un dato che rispecchia la media regionale. Tuttavia, nonostante questa presenza numerica, le donne continuano a incontrare ostacoli significativi nell’accesso alle posizioni di leadership. L’analisi delle cariche imprenditoriali nel Salento mostra infatti un divario di genere ancora evidente nella proprietà e nella gestione delle imprese. Molte donne scelgono di ricoprire il ruolo di socie piuttosto che di dirigenti, segnale di una volontà di partecipazione attiva alle decisioni aziendali senza però riuscire a infrangere completamente il soffitto di cristallo.
Questa situazione non riguarda solo il mondo dell’imprenditoria, ma il mercato del lavoro nel suo complesso. Anche in occasione dell’8 marzo, le statistiche confermano una realtà preoccupante: in Italia, le donne occupate sono molte meno degli uomini e la loro condizione lavorativa è spesso segnata da precarietà, contratti part-time involontari e percorsi di carriera limitati da discriminazioni strutturali. A Brindisi, il Bilancio Sociale dell’Inps sottolinea con chiarezza l’ampio divario salariale tra uomini e donne. Il salario giornaliero lordo medio nel settore privato è di 86,9 euro per gli uomini e di 61 euro per le donne, con una differenza di ben 25,9 euro al giorno. Su 18 settori analizzati, solo in uno le donne percepiscono un salario superiore a quello degli uomini. A livello regionale, la forbice salariale in Puglia è di 21,9 euro, mentre in Italia arriva a 26,8 euro.
La situazione si aggrava ulteriormente se si considerano le disparità nei percorsi di carriera. Nonostante le donne ottengano risultati migliori nella formazione, anche nei settori tecnici e scientifici, continuano a subire discriminazioni sistemiche che si riflettono nei differenziali salariali e nelle opportunità di avanzamento.
«Nonostante le donne ottengano risultati migliori nella formazione, anche nei settori tecnici – sottolinea Antonella Montanaro, segretaria organizzativa della Cgil di Brindisi –, continuano a subire nel lavoro forti discriminazioni legate a fattori culturali, ben visibili nei differenziali di carriera e di retribuzione». Secondo il Rendiconto Sociale Inps 2024, il 59,7% dei laureati è composto da donne, una percentuale che sale al 40% anche nelle discipline Stem. Nelle specializzazioni post laurea, le donne superano il 60%, dimostrando una preparazione accademica di altissimo livello. Tuttavia, nella fascia d’età 25-34 anni, il 40,2% delle donne è sovra istruito rispetto al lavoro che svolge. In altre parole, molte donne occupano posizioni che richiederebbero una qualificazione inferiore rispetto alle loro competenze effettive. Inoltre, solo il 21% delle donne ricopre incarichi dirigenziali, nonostante rappresentino il 51% della popolazione nazionale.
Nel settore pubblico, il divario retributivo è ancora più accentuato. A Brindisi, la differenza salariale tra uomini e donne nel pubblico impiego è di 36,3 euro al giorno. In Puglia il divario è di 31,2 euro, mentre a livello nazionale si attesta sui 30,7 euro. Questi dati confermano che la discriminazione di genere non è solo una questione di opportunità di carriera, ma anche di riconoscimento economico del valore del lavoro femminile.
«Le disuguaglianze di genere nel lavoro si riflettono anche sulle pensioni, dove le donne, già più povere durante la vita lavorativa, lo diventano ancora di più in pensione – dichiara Massimo Di Cesare, segretario generale della Camera del lavoro territoriale (CdLT Cgil) di Brindisi – La cancellazione di Opzione Donna da parte dell’Esecutivo ha aggravato questa situazione, eliminando uno strumento, seppur limitato, di flessibilità in uscita per alcune lavoratrici». «La partecipazione delle donne al mercato del lavoro – concludono Daniela Meli, segretaria Cisl Taranto Brindisi e Anna Rita Sanseverino, responsabile Coordinamento Donne – non è solo una questione di giustizia sociale ma, anche, un fattore chiave per la crescita economica. Le ricerche dimostrano che l’aumento della partecipazione femminile porta a una maggiore produttività e innovazione. Inoltre, le donne tendono a reinvestire i loro guadagni nella comunità, contribuendo così al benessere collettivo».
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