LE RISORSE RICEVUTE DALLA COMMISSIONE EUROPEA PER IL PNRR E LA RESTITUZIONE DEI PRESTITI AD OGGI. – NSM


 8 marzo 2025 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo

Il 18 dicembre scorso la Commissione Europea ha erogato la sesta rata delle risorse relative all’attuazione del Pnrr. Con questa ultima rata l’Italia ha ricevuto circa 122 miliardi di euro, di cui 75,6 di prestiti e 46,4 a titolo di sostegno non rimborsabili.

Le risorse totali assegnate all’Italia, comprensive di quelle del React-EU e quelle del fondo complementare, ammontano a circa di 235 miliardi, di cui una parte relative al Pnrr come da specchio a seguire

In realtà, non abbiamo avuto 71,7 miliardi a fondo perduto in quanto bisogna considerare le somme con cui l’Italia, come tutti i paesi europei, ha contribuito alla attivazione del fondo comune, come è sempre stato dall’istituzione dei fondi strutturali europei di cui il nostro paese è sempre stato contribuente netto, cioè versava di più di quanto riceveva senza, tra l’altro, mai riuscire a spenderli tutti.

Precedente al Pnrr, l’Europa chiedeva ai singoli stati una quota pari all’1,4% del reddito nazionale lordo, da non confondere col prodotto interno lordo, ma per la costituzione del nuovo fondo ha chiesto un maggiore contributo, portandolo al 2%.

Pertanto, al netto del contributo di compartecipazione richiesto all’Italia, i sussidi non a prestito sono di fatto pari 25/30 miliardi di euro a secondo varie stime. Una volta implementato il fondo comune con le risorse versate dai singoli stati, la Commissione europea, in base a precisi parametri predefiniti, ha statuito e messo a disposizione le risorse dei vari paesi che avevano la facoltà di richiedere l’interra somma assegnate ovvero quota parte; infatti, la maggioranza di questi si è limitata a prendere solo la parte non a prestito e pochi altri anche quelle a debito, ma non in grossa misura.

Era possibile anche chiedere le somme in momenti diversi, in varie tranche e non si è mai capito perché il governo non si sia avvalso di tale possibilità, soprattutto in considerazione del fatto che l’Italia, negli ultimi 20 anni, non aveva mai brillato in quanto a capacità di spendere i fondi europei.

Veniamo, alla restituzione che abbiamo visto che al netto di quanto versato dall’Italia, sono per la quasi totalità prestiti. Al momento stiamo versando esclusivamente gli interessi della durata di 10 anni con decorrenza dall’attribuzione della singola rata e dal 2032 in poi bisognerà rimborsare il capitale, secondo lo schema indicato nella tabella a seguire.

Gli interessi addebitati sulle singole rate sono strettamente collegati ai tassi di mercato al momento dell’erogazione, pertanto, non sono predeterminati al momento dell’erogazione, ma derivano dal tasso medio calcolato nel periodo temporale di riferimento in cui la Commissione contrae i prestiti.

Al momento sono noti solo gli interessi applicati al prefinanziamento e delle prime due rate che confermano la convenienza del finanziamento del Pnrr rispetto al reperimento autonomo da parte dell’Italia delle risorse attraverso l’emanazione di titoli di debito.

Tuttavia, per il futuro tale convenienza potrebbe venire meno ovvero assai ridotta, visto che l’ultima rendicontazione dei tassi di interesse medi annui con cadenza semestrale, pubblicata dalla Commissione relativamente al periodo luglio- dicembre 2023, prevede costi al 3,56%.

Inoltre, ed è l’aspetto più dolente, le attese del governo di allora in termini di crescita economica erano molto elevate, mentre, secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di bilancio, nei primi quattro anni l’impatto del Pnrr ha contribuito in media alla crescita con un solo un + 0,2%.

A titolo esemplificativo, se si spende 1 punto di Pil, pari a circa 18 miliardi, e tale spesa produce solo una maggiore crescita di 0,2 punti, la differenza negativa è pari a 14,4 miliardi di euro. Si spera che il Pnrr nei prossimi anni produca un effetto maggiore sul Pil, altrimenti, a partire dal 2032 e per dieci anni, col rimborso del capitale che abbiamo visto che è pressoché costituito da prestiti, non abbiamo fatto altro che creare ulteriore debito a carico delle future generazioni.

Proprio come manifestato da due economisti in un libro intitolato La Grande Abbuffata che hanno sentito il dovere, se non di confutare, almeno di mettere in discussione le “certezze granitiche” del dibattito pubblico, soprattutto quanto i fatti dimostrano che la realtà è diversa dalla narrazione diffusa.

Sono molte le perplessità evidenziate nel libro, in modo particolare quando si parla di obbiettivi collegati alle riforme, per esempio nel settore giustizia o scuola, non attuate nel corso di decenni di storia repubblicana e che è irrealistico pensare si possano realizzare in così poco tempo. La prefazione del libro è emblematica del pensiero degli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti

“Il Pnrr si basa su una grande scommessa: prendere a prestito soldi che si sarà in grado di spendere bene e rilanciare l’economia. Ma un grave vizio d’origine l’ha resa più simile a una grande abbuffata: prendere più soldi possibili, poi si vedrà. Nessuna retorica e nessun fiume di parole può trasformare un’idea confusa e non realistica in un buon investimento”. Si aggiunge che non qualunque progetto è valido per l’economia e che non qualunque investimento produce l’effetto “moltiplicatore”, cioè trasformare un euro di spesa pubblica in più un euro di crescita da ridistribuire ai cittadini e alle imprese.

 



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