“Ci sono stati assegnati 232 milioni del Pnrr. Ci sono quattro linee principali: una è l’ampliamento della capacità dei teatri di posa che aumentano del 60% al 2026. Siamo in linea con tutti i punti nazionali ed europei. A giugno consegniamo i primi 4 teatri e siamo in linea anche sulla formazione professionale con le botteghe artigiane per recuperare quei saperi che sono così importanti per il nostro cinema e che ci hanno consentito di vincere tanti Oscar: noi siamo secondi dopo gli Usa con le categorie tecniche. Una formazione che è stata fatta in collaborazione con grandi partner come La Scala e Matera. Lì siamo andati in giro per l’Italia perché Cinecittà è a Roma ma è un patrimonio nazionale. Stiamo digitalizzando un milione e mezzo di fotografie che mancavano e 13 mila audiovisivi. Siamo quindi molto soddisfatti di come sta andando. Inoltre, abbiamo tutta una parte sull’efficientamento del green”. Così la Presidente di Cinecittà e Presidente Associazione Produttore Audiovisivi Italiani, Chiara Sbarigia, in un’intervista all’AGI a margine della rassegna Forum in Masseria organizzato da Bruno Vespa e Comin & Partners alle Terme di Saturnia. “Cinecittà – spiega -deve essere sempre di più un volano per l’internalizzazione, per le sfide globali che si trovano davanti le nostre imprese. Cinecittà con questo Pnrr sta consentendo di diventare un polo molto importante per l’audiovisivo nazionale e internazionale. Recentemente abbiamo avuto in visita il ceo di Netflix, Ted Sarandos, che era molto colpito da questi grandissimi studi che non si trovano più neppure a Hollywood. Cinecittà rimane un unicum per i suoi grandissimi spazi come il teatro 5 di Fellini che è finora è uno dei più grandi d’Europa. Stiamo costruendo qualcosa di davvero unico”. È un patrimonio che si apre anche ai cittadini? “Sì – spiega Sbarigia – perché abbiamo tutta una parte museale che abbiamo implementato. Abbiamo il Miac, abbiamo ‘Cinecittà si mostra’, portiamo tante scuole, turisti, cittadini sui set come quello romano che ha lasciato da HBO, che è uno dei più grandi e si estende per 4 ettari. Abbiamo recuperato lo studio di Ettore Scola, tutto tranne le cucine dove si faceva la pasta – scherza – abbiamo tante acquisizioni fotografiche nuove, tutte di donne perché finalmente dopo 100 anni abbiamo anche tante fotografe donne”. Da donna alla guida di Cinecittà, quali sono le maggiori sfide che affronta? “Essere degli interlocutori è già un passo in avanti. Un po’ pioneristico perché lì sono stati tutti uomini fino a poco tempo fa. Anche nell’Associazione Produttori Audiovisivi (Apa) vi sono molti uomini, ma anche donne bravissime. Secondo me la sfida più importante è sui soldi. Per esempio, per le produttrici bisogna avere grandi budget anche per le registe. Noi adesso ce la giochiamo sulla remunerazione. Questo è un percorso che porta alla trasformazione digitale di quello che era il lavoro delle maestranze? Infatti, abbiamo uno smart studio che è super digitale. Abbiamo fatto lì una performance di Quayola che ha lavorato sui materiali dell’archivio con l’IA per celebrare il centenario dell’istituto Luce. È stata una cosa spettacolare che ha sua volta è finita nell’archivio. Io sull’IA, aldilà delle regole e della protezione del diritto d’autore e di immagine, penso che dia tante opportunità a questa industria. – e aggiunge – abbiamo un grande macchinario che costruisce con la sfoglia di legno o il polistirolo delle grandissime strutture che a mano sarebbe più difficile fare. Cinecittà è un patrimonio italiano e mondiale”. Quali sono i suoi competitor? “Il più grande competitor e bisogna essere ambiziosi per considerarlo tale è Pinewood Studios in Inghilterra, che è venuto più di una volta a vedere se poteva entrare nel capitale di Cinecittà. Loro hanno comprato altri studi in Canada, sono forti. Noi qui abbiamo anche degli altri studi locali, di società che li hanno costruiti magari per fare per esempio la lunghissima serialità”. Noi in Europa siamo forti. Qual è il rapporto, audiovisivo e piattaforme? “Netflix quest’anno porta 100 milioni di investimento nella produzione audiovisiva, diventando un giocatore importante nel mercato dove sono calati i finanziamenti di Rai e Mediaset, che prima si dividevano la torta. Rai – conclude Sbarigia – resta comunque quello con il 73% delle imprese a carico e Netflix ha occupato il 24% del mercato, mentre le sale per parlare di cinema solo il 5%”. (AGI)
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